Wednesday 13 March 2013

E ora dove andiamo?

La settimana scorsa, vincendo la mia consueta pigrizia, ho preso in mano la cornetta (si chiama ancora così?) e ho invitato a pranzo mia cugina, uno dei rari membri della mia famiglia che viva nella mia stessa città.
L'invito è stato positivo per molti aspetti: prima di tutto perchè ho rivisto A., che nonostante abiti a poche fermate di metro da me, incontro davvero ogni morte di Papa (viste le circostanze potrei dire ogni "dimissione" di Papa); perchè grazie a questa visita mi sono messa ai fornelli e ho provato a fare qualcosa di diverso dal solito (ho fatto un risotto al radicchio e un tacchino alle mandorle discretamente buoni, segno che se mi impegno qualcosa mi riesce) e poi perchè, approfittando del fatto che A. è un'appassionata di cinema (essendo lei stessa attrice) ho potuto finalmente avere la scusa per vedere un film di cui avevo comprato il dvd mesi fa, il primo lungometraggio non esclusivamente destinato all'infanzia che vedessi da tempo.

Si tratta dell'opera di una regista-attrice libanese che mi piace molto perchè, oltre ad avere una bellezza fuori dal comune (che, ad occhio, mi sembra naturale: una rarità in un Paese come il Libano, in cui impazza la chirurgia estetica), è anche straordinariamente brava, creativa e originale (e come se non bastasse ha pure un marito fighissimo che tra l'altro è l'esecutore delle musiche - altresì meravigliose - dei suoi film). E' Nadine Labaki. Di lei avevo visto qualche anno fa Caramel e mi era piaciuto tantissimo per quel modo lieve e ironico in riusciva a descrivere la società mediorientale.
Su questo suo nuovo film "E ora dove andiamo?" avevo avuto giudizi contrastanti ed ero curiosa di verificare da me. Il film è meno leggero del primo, perchè si propone di approfondire temi difficili come il conflitto religioso, la tolleranza e le difficoltà della convivenza tra fedi diverse che è comunque una realtà in Libano, nonostante questo paese, rispetto ad altri paesi multireligiosi, sia (al momento) forse uno dei più tranquilli.
Il film mi ha lasciata inizialmente un po' perplessa dal momento in cui associa momenti molto leggeri e comici a scene di una drammaticità devastante (io che ho la lacrima facile non mi sono risparmiata) ma alla fine ci si abitua ai salti di stile e genere (la Labaki infila, in poco meno di due ore di film, commedia tragedia e persino musical) e addirittura li si apprezza e accetta come cifra stilistica della regista.
La cosa che ho più amato di questo film è il modo in cui la Labaki mette in rilievo la peculiare e unica capacità delle donne di saper conciliare, comprendere, minimizzare, appianare anche di fronte alle situazioni più difficili e ingarbugliate, laddove gli uomini, tutti istinto e irragionevolezza, ricorrerebbero più semplicemente alla violenza. E' quasi un voler celebrare la superiorità delle donne in questo aspetto, questo carattere distintivo che le fa essere indispensabile strumento di pace. Ho sempre pensato che se il mondo fosse governato dalle donne la guerra non esisterebbe, e la Labaki, con questo film, sembra proprio sottolineare questa idea, accentuando anche il valore indiscutibile della solidarietà femminile che spesso nella vita comune viene messa da parte a causa dell'invidia, e che invece permetterebbe alle donne di essere l'elemento risolutore di ogni conflitto.


1 comment:

  1. Grazie Laura! me lo segno! a me manca davvero tanto guardare un film "da adulti"! ;-)

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