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Saturday, 30 August 2014

Verso Washington D.C. (day 7)

20 Giugno 2014

Si parte!
Salutiamo Broadway e ci dirigiamo alla volta dell'aeroporto JFK, dove abbiamo prenotato la macchina con la quale inizieremo la parte meno stanziale del nostro viaggio. La prima tappa sarà Washington.
Distanza da percorrere 371 km.







Superata l'iniziale perplessità di fronte allo strano navigatore di cui è dotata la Chevrolet, partiamo pieni di buona volontà e belle speranze.
Peccato che i lavori in corso e le file chilometriche ci facciano infrangere miseramente le suddette speranze. Percorriamo in quasi 7 ore un tragitto per il quale in condizioni normali se ne impiegherebbero 4: un viaggio che mi ha fatto addirittura rivalutare la SA-RC.






Washington ci appare dal primo momento come l'esatto contrario di New York. Se la Grande Mela era chiassosa, caotica sempre in movimento, veloce, dinamica, superaffollata, Washington sembra quasi deserta, silenziosa, calma, discreta, ordinata.
Per le strade vicino all'hotel non si incontra anima viva.
Subito ci dirigiamo verso lo Smithsonian Washington Air and Space Museum (da noi soprannominato "museomuseo2"). Realizziamo (con grande e profonda soddisfazione!) che questo, come quasi tutti i musei della città, è gratuito, perché facente parte di una fondazione creata in seguito a una cospicua donazione di uno scienziato inglese - tale Smithsonian, appunto - che pur non avendovi mai messo piede negli USA, decise che alla sua morte tutti i suoi averi andassero al governo nordamericano per la promozione della cultura in quel territorio.



Il museo è molto interessante, pieno di modellini  di aerei e shuttle e workshop dedicati ai bambini.
Tra il nostro hotel (un Holiday Inn dotato di camere le cui dimensioni sono tre volte quelle dell'hotel di New York) e museomuseo2 incontriamo un piccolo orto cittadino; ne troveremo un altro vicino al museo degli Indiani. Evidentemente la moda iniziata da Michelle Obama dell'American Grown impazza in città.


Continuiamo la nostra passeggiata per le vie di Washington e arriviamo in un parco delizioso in cui si sta tenendo un concerto di musica jazz. Subito capiamo perché le strade della città erano deserte: il parco è strapieno di gente, seduta sulle sedie dei bar, i muretti della fontana, sdraiata sull'erba di prati e aiuole. Chiacchierano, bevono sangria, ascoltano la musica in un clima festoso e rilassato. Life is good...





Ci avviamo verso il National Mall, l'immensa spianata che separa il Capital dal Washington Monument. Una parte di essa è occupata dall'allestimento del Folk Fest, che si terrà la settimana prossima, quest'anno dedicato a Kenia e Cina.



Subito dopo il Monument c'è una serie di Memorial dedicati ai caduti delle varie guerre cui gli USA hanno partecipato: WW2, Vietnam, Corea del Sud; trovo quest'ultimo fortemente realistico e quindi particolarmente toccante.
Korean Memorial
Vietnam Memorial
Stremati per la lunga passeggiata  ma soddisfatti dalle prime impressioni che ci ha fornito Washinghton, torniamo in hotel dopo aver cenato con un chocolate smoothie e dei cookies. Piccoli piaceri ipercalorici made in USA.

Sunday, 17 August 2014

Last day in New York (day 6)

19 giugno 2014

La giornata è piovosa, di quella pioggerellina sottile e intermittente che non dà grande fastidio, ma scegliamo ugualmente di rimanere al chiuso e decidiamo di tornare a "museomuseo" (aka Museum of Natural History) per completare la visita iniziata qualche giorno prima.
E' un museo interessante, molto didascalico, indi molto adatto ai bambini. Vi sono grandi tableaux con scene di vari ambienti, realizzati con grande accuratezza. Assistiamo anche a una delle proiezioni del Planetarium: Dark Energy, durante la quale ci sottoponiamo a una specie di bombardamento stellare.
Usciti dal museo assumiamo la nostra razione quotidiana di junk food prendendo un cheesburger da Shake Shack (non sono un'amante di questo genere di cibo, ma devo ammettere che la qualità dei loro panini è nettamente superiore rispetto a quella delle catene diffuse in Italia).
Consumiamo il nostro pranzo su una panchina, vista la solita penuria di posti e le lunghe file di gente in attesa dentro al locale.





Usciti dal museo assumiamo la nostra razione quotidiana di junk food prendendo un cheesburger da Shake Shack (non sono un'amante di questo genere di cibo, ma devo ammettere che la qualità dei loro panini è nettamente superiore rispetto a quella delle catene diffuse in Italia).
Consumiamo il nostro pranzo su una panchina, vista la solita penuria di posti e le lunghe file di gente in attesa dentro al locale.

Dopo aver bene o male spuntato tutta la nostra lista di cose da vedere a New York, decidiamo di dedicare le nostre ultime ora alla visita di un quartiere meno turistico. Andiamo nel Bronx. E guarda caso decidiamo di farlo (senza saperne nulla) nel giorno in cui  lo stadio degli Yankees, che si trova proprio lì, è invaso da orde di tifosi: il giorno della partita con i Baltimore Orioles. La stazione 161st è letteralmente invasa da gente di ogni tipo. Scendiamo per osservare lo stadio dall'esterno e ci aggiriamo tra le bancarelle e i negozietti di gadget.


Attraversiamo un grande parco, affollato da gente di ogni tipo, con una prevalenza di madri latinoamericane (con vasta prole al seguito), giovani di colore che parlano uno slang totalmente incomprensibile, ragazzini (un paio, incomprensibilmente, con una tunica da "giorno del diploma") che si fanno i gavettoni, anziani in cerca di refrigerio. La varietà multietnica è altissima. Il parco, trascurato ma frequentatissimo (perchè evidentemente si tratta dell'unico punto di ritrovo del quartiere), mi ricorda alcuni tipici "giardinetti" italiani.

Kingsbridge Armory




Torniamo a Manhattan per un ultimo giro.
Passiamo davanti al Madison Square Garden e ci dedichiamo al window shopping dei negozi della 6th e 5th arrivando infine a Times Square dove inganniamo il tempo osservando le orde di turisti, i figuranti (degni di nota sono quelli travestiti da personaggi Disney, che non si capisce come facciano a resistere sotto quei costumi col caldo che c'è, e le tre ragazze - al contrario molto svestite - in perizoma ma coperte di body paint in stile "mundial" nei colori delle squadre di America e Brasile) e assistiamo a uno spettacolo di saltimbanchi e acrobati di strada. Trovo che a New York sia difficile annoiarsi, ma se si ha tempo e non si sa come ingannarlo basta andare a Time Square per assistere alle decine curiosità e stranezze che pullulano in quella piazza e mettersi ad ascoltare conversazioni in tutte le lingue del mondo.








Ceniamo al TGIF, e il mio adorato consorte dà alla cameriera dalla voce roca una mancia stratosferica, a ricompensa del fatto di averci fatto cenare in brevissimo tempo (nonostante il locale fosse abbastanza pieno) consentendoci così di arrivare in tempo al Music Box Theater dove ci aspettava la visione di "Pippin": musical che mette insieme numeri di magia, acrobazie in stile "Cirque du Soleil", balletti, canti, dramma e commedia.
Il musical mi è piaciuto molto, peccato per quella che evidentemente è la "maledizione dello show" che mi perseguita : ogni volta che mi reco a vedere uno spettacolo di qualsiasi genere, trovo puntualmente qualcuno che mi impedisce la visione tranquilla. In questo caso si trattava dell'uomo con il cranio più grande del mondo seduto esattamente davanti a me!


Prima di tornare in hotel, riattraversiamo per l'ultima volta Times Square.




Tuesday, 8 July 2014

Ce la posso fare (forse)


Mettere in ordine poco meno di 2000 foto, appunti, pensieri, ricordi, aneddoti, immagini non documentate, impressioni, sensazioni, atmosfere, luci, suoni, rumori, odori, non è impresa facile.
Ma farò del mio meglio.