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Sunday, 30 April 2017

Il ponte (del 25 Aprile) sullo Stretto

Ovvero: come costruire un ponte "vacanziero" secondo le consuetudini italiote, impunemente e con soddisfazione.
Considerato che le vacanze pasquali ci avevano visti scorrazzare liberi e felici per i Balcani, abbiamo deciso di mettere insieme qualche giorno per organizzare una piccola trasferta calabrese.
Ecco come abbiamo occupato quei giorni:

Abbiamo fatto conoscenza col nuovo cuginetto.


Abbiamo partecipato (nella sua versione non competitiva) alla "Corrireggio", corsa organizzata da Legambiente il 25 Aprile sul kilometro più bello d'Italia.





Abbiamo fatto scorpacciate di crema caffè, viennesi e gelati calabri.


Abbiamo creato un museo casalingo che, per organizzazione e cura, non ha nulla da invidiare ai musei istituzionali.



Abbiamo partecipato alla festa di compleanno di L., cugino nonchè migliore amico di A.


Abbiamo preso parte a "Pompieropoli".



Abbiamo fatto incetta di cedri per rifornire la nostra dispensa romana.


Abbiamo sopportato pazientemente una permanenza in treno che non ricordavamo così lunga ma che è stata ricompensata dalla piacevolezza di questi giorni trascorsi in famiglia.

Saturday, 28 February 2015

Nonna Lupa (teta Dibe)

Probabilmente chi andrà avanti nella lettura del post penserà che questo blog si stia trasformando nella pagina dei necrologi. Lungi da me la volontà di portarlo a questa deriva (che tra l'altro potrebbe essere ovviata se solo mi decidessi a scrivere più spesso), ma non potevo non commemorare anche qui il ricordo di un'altra teta che ci ha appena lasciati e la cui scomparsa è - se vogliamo - ancora più dolorosa di quella dell'altra teta, che di questa era la madre. Dolorosa perchè con la nonna il mio adorato consorte aveva un rapporto speciale, tanto che non a caso quando si trattò di scegliere il nome della sua primogenita pose il veto: si chiamerà come la mia teta.
Evidentemente la figlia, pur essendo malata da tempo, ha aspettato che la mamma le mostrasse la strada e, a distanza di quattro mesi, entrambe hanno lasciato questa terra. Pur avendo avuto delle vite molto simili per durezza (essendo state testimoni oculari del passaggio della "Parigi del Medioriente" allo stato infernale in cui la guerra ha portato Beirut per decenni) e per la famiglia numerosa (anche teta H. ha avuto 7 figli), avevano della vita due concezioni diverse.
Se della madre ricordo soprattutto la forza e la determinazione, della figlia ricordo la dolcezza, la generosità e soprattutto l'originalità di pensiero. In realtà, a causa della distanza (e poichè negli ultimi anni si era ammalata di quella che io chiamo la "malattia della perdita" - l'Alzeihmer - in quanto porta gradualmente a perdere la memoria, i ricordi, il contatto con la realtà e infine sè stessi), non posso dire di averla conosciuta a fondo, ma dai nostri pochi incontri e dai racconti di chi le vuole bene ho maturato un'idea precisa di lei.
La cosa che mi ha sempre colpito di H. è il fatto che fosse forse l'unica donna che io abbia conosciuto personalmente, dotata di quella dote (rarissima negli esseri umani) che è la capacità di perdonare anche le peggiori offese. Non che non si arrabbiasse, suppongo che come tutti gli scorpioni fosse capace di sfuriate memorabili. Ma quella capacità di andare oltre la colpa di chi le stava intorno, quel suo accettare anche cose che a parere di tanti potrebbero risultare inaccettabili, quella è la cosa che mi ha sempre sorpreso e che ho ammirato di più. Non so quante donne avrebbero perdonato un marito fedifrago e avrebbero accettato i figli nati fuori dal matrimonio come se fossero stati i propri. Accettare, se non comprendere le debolezze degli altri. Una capacità di perdonare a prescindere da tutto e da tutti (dall'orgoglio ferito, dalle opinioni della gente - parenti e conoscenti - che, immagino saranno stati strenui oppositori della sua decisione, in nome della volontà di preservare la reputazione della famiglia), una determinazione e una capacità di andare oltre le convenzioni decisamente fuori dal comune, in perfetta linea con il Vangelo (non a caso era religiosissima), dove "porgi l'altra guancia" non significa vivere da vittima ma con coraggio, generosità e intelligenza e così acquistare dignità su questa terra oltre che un posto in paradiso.
Un'idea di famiglia assolutamente moderna, una "famiglia allargata" ante-litteram, che ruotava intorno a questa mamma che ha fatto dell'amore per la famiglia, i bambini (tutti, senza distinzioni), la vita in genere, il principio guida di tutti i suoi giorni.
Quando era piccola H. si ammalò gravemente, e come era tradizione in Libano, le fu dato il soprannome di una bestia, poichè a quei tempi si credeva che dando a una neonata in pericolo di vita il nome di un animale l'angelo della morte non si accorgesse che era una bambina e la risparmiasse. Per lei fu scelto il nome di Dibe (lupa) . Penso che indubbiamente questa scelta le abbia segnato il destino facendola diventare realmente la lupa che protegge i cuccioli da tutto e da tutti e, come Raksha del Libro della giungla, adotta un cucciolo che non le appartiene.
Solo in questi giorni ho realizzato che, sorprendentemente, mia figlia H. oltre a prendere da teta Dibe il nome anagrafico, ne ha ripreso in qualche modo anche quello non ufficiale, visto che, almeno nel suo branco scout, è una "lupetta".

Corri incontro alla vita senza pensieri, lupetta mia, la tua teta da lassù saprà infonderti il coraggio di cui hai bisogno.

"Se anche parlassi le lingue degli uomini e degli angeli,
ma non avessi l'amore,
sono come un bronzo che risuona
o un cembalo che tintinna.
E se avessi il dono della profezia
e conoscessi tutti i misteri e tutta la scienza,
e possedessi la pienezza della fede così da trasportare le montagne,
ma non avessi l'amore,
non sarei nulla. E se anche distribuissi tutte le mie sostanze
e dessi il mio corpo per esser bruciato,
ma non avessi l'amore,
niente mi gioverebbe. L'amore è paziente,
è benigno l'amore;
non è invidioso l'amore,
non si vanta,
non si gonfia,
non manca di rispetto,
non cerca il suo interesse,
non si adira,
non tiene conto del male ricevuto,
non gode dell'ingiustizia,
ma si compiace della verità.
Tutto copre,
tutto crede,
tutto spera,
tutto sopporta.
L'amore non avrà mai fine".






Wednesday, 7 January 2015

Ah, le feste

Uno dei periodi, per me, a più alto stress psico-fisico è quello natalizio. Non che abbia qualcosa in contrario nel commemorare la nascita di un bambino che assume un'importanza cruciale nelle vite di tanti di noi, nè tantomeno nella messinscena dell'arrivo di un uomo barbuto e di rosso vestito che dispensa regali a destra e a manca, in un turbinio di luci, Christmas Carols, camini accesi e freddo polare.
Quest'anno poi, il Natale ci ha anche portato la neve quindi il quadretto si è completato.
Quello che non sopporto è la mia parte, nel grande recital natalizio. La partecipazione alle riunioni, ai saggi, agli incontri, alle catechesi pre-natalizie, la ricerca del regalo perfetto (operazione sempre fallita miseramente) unico momento in cui il fatto di avere una famiglia numerosa mi appare un difetto, e poi la decorazione della casa, lo studio del menu delle feste (non sia mai che a Natale si mangi un semplice piatto di pasta al pomodoro e un'insalata), la conseguente abbuffata (non si può non assaggiare ognuna delle 53 portate, dessert escluso).
Per una volta mi piacerebbe festeggiare il Natale come se fosse un giorno qualunque. In famiglia, ma senza corsa al regalo, alla decorazione, alla preparazione del pranzo e/o cena, insomma alla fonte di stress natalizio che mi porta a non godere pressochè nulla della festa e mi lascia puntualmente con una sensazione di "troppo tutto".
Un Natale essenziale, visto che a volte gli orpelli offuscano il reale valore delle cose. Per me quest'anno l'essenziale è stato: riunirmi con la mia famiglia (compresa anche la mamma del mio adorato consorte, giunta al sudditàlia per trascorrere qualche giorno con noi) il ricongiungimento con il cuginato giunto da tutte le parti d'Italia (siamo in 23 - senza calcolare consorti e prole - sparsi per le città più disparate: Cosenza, Roma, Torino, Arezzo, Milano, Saronno, Pisa, Vicenza...), il battesimo del mio supernipotino di cui mi pregio di essere immeritatamente ma orgogliosamente (fata-) madrina, le visite culturali (come quelle al museo della Magna Grecia a rivedere i Bronzi e al parco di Ecolandia, a contemplare le riproduzioni delle macchine di Leonardo e una stampante in 3D in funzione), imparare a fare i giocolieri, l'anarchia delle mie bambine che approfittano della presenza dei cuginetti per fare il pieno di giochi e chiacchiere, mio padre che fa le parole crociate con A. ("Nonno, mi insegni le parole?"), mia madre che gioca con i piccoli ad assopigliatutto, rivedere gli amici e conoscenti che nonostante la distanza e le strade diverse continuano ad essere pietre miliari, l'amore e l'affetto che resistono alla lontananza, alla distrazione, alla superficialità che ormai sembrano regolare ogni ambito della nostra vita.
Sembrano, ma evidentemente e fortunatamente no.












Friday, 24 October 2014

Nel paese delle Meraviglie

La settimana scorsa Teta A. è partita. Ha lasciato questo mondo per volare in un altro che, si spera, sia più giusto e meno impegnativo di questo. Non che lei non amasse questo mondo, anzi. Vi ha trascorso 104 anni e sei mesi, dopo tutto questo tempo, anche se non dovessi trovarti bene in un posto, ti abitui, o addirittura te ne fai una ragione e arrivi a fartelo piacere.
Certo, non ha avuto una vita facile, A. Innanzitutto perchè non ha vissuto in un Paese facile. Bello, suggestivo, interessante, ma il Libano - se ne converrà con me - è un posto tutt'altro che facile. E ha vissuto in un periodo storico lungo e turbolento (classe 1910, ha visto tutte le guerre più devastanti da che mondo è mondo). E crescere 7 figli (sopravvissuti alle ben 11 gravidanze) e accettare la morte (in guerra) del marito, non dev'essere stato una passeggiata.
Che poi questi figli abbiano tutti avuto un grande successo professionale (chi giudice, chi generale dell'esercito, chi sottosegretario all'agricoltura), e nella vita in genere, appare straordinario.
Ma è evidente che A. fosse una persona eccezionale. Una lady di ferro, rigida ma con grazia, autoritaria ma con nonchalance. Una di quelle donne-matrone che riescono a reggere senza tentennamenti e crisi le fila della propria vita e di quella di chi le sta intorno.
Ogni volta che l'ho incontrata, dopo la nascita della mia A., che ne ha preso il nome, ha sempre affermato con assoluta certezza che questa sua bis-bis-nipotina (unica dei discendenti a chiamarsi come lei - cosa che non ha mai mancato di rimproverare a figli, nipoti e bisnipoti) sarà più intelligente di lei e avrà più successo nella vita, perchè la piccola avrà la possibilità di studiare, mentre lei era semianalfabeta.
Mi piacerebbe che la sua omonima ereditasse la sua determinazione e la sua forza di vivere e di rendere ogni giorno normale un giorno eccezionale.

Wednesday, 10 September 2014

Di nuovo zia

Finalmente sei arrivato, concedendoci il piacere di conoscerti prima della nostra partenza.
Benvenuto G., piccola meraviglia!
9/9/14


Monday, 5 May 2014

Ieri era il mio compleanno

Ieri era il mio compleanno, e ho indossato un vestito dai colori vivaci.
Ieri era il mio compleanno e il tempo ha voluto farmi un regalo chiudendo i rubinetti e inondando il cielo di luce.
Ieri era il mio compleanno e il mio adorato consorte mi ha regalato i miei fiori preferiti, meritandosi così l'ammirazione della sua figlia maggiore ("Papi, sei un gentiluomo").


Ieri era il mio compleanno e mi son fatta portare in un bistrot carino in mezzo a un parco.


Ieri era il mio compleanno e ho passeggiato mano nella mano del mio adorato consorte rievocando con lui quella volta in cui, insieme ai colleghi di corso, vi trascorremmo un pomeriggio, un'era fa.

Ieri era compleanno e ho saltato (letteralmente) di gioia.


Ieri era il mio compleanno e le mie figlie mi hanno regalato dei bijoux fatti da loro.
Ieri era il mio compleanno e non tutti se ne sono ricordati, ma chissenefrega.
Ieri era il mio compleanno e mi è stata confermata la promessa di un regalo desiderato, ma che avrò solo il mese prossimo (ma io so attendere, dopotutto sono un toro...).
Ieri era il mio compleanno e ho visto Cena tra amici.
Ieri era il mio compleanno ed è stata una giornata normalmente speciale o specialmente normale.
Ieri era il mio compleanno e, mi dicono, si è concluso un ciclo. Io non so se questa sia una cosa positiva o meno, ma neanche mi interessa saperlo.
Ieri era il mio compleanno e ho scoperto che quella che ho appena raggiunto, non si sa come, "è un'età terribile. Perchè è l'età in cui diventiamo quello che siamo" (cit. Charles Péguy).
Ieri era il mio compleanno e oggi è un altro giorno.

Thursday, 1 May 2014

Easter is Easter

La Pasqua è passata da un po', ma quest'anno l'abbondanza di "ponti" ci ha dato l'illusione che le vacanze pasquali non volessero finire mai. Tra l'altro, contrariamente alle nostre usanze, in base alle quali trascorriamo sempre questa festa insieme ai parenti, questa volta abbiamo optato per una Pasqua a quattro, in una Roma apparentemente deserta di romani e colma di turisti.
La giornata è iniziata con un risveglio coatto e inaspettato: nonostante avessi lasciato via libera alle piccole di casa delegando loro la responsabilità dell'apertura delle uova (nella speranza di riuscire a dormire qualche minuto in più), sono stata svegliata ugualmente alle 7.20 da un coro a due voci di "mamma, ci aiutiiiiii?".
Il rituale della rottura delle uova ci ha lasciato con:
1) la consapevolezza che la chiusura delle uova è sempre più a prova di bambino,
2) una quantità industriale di cioccolato al latte (che non so ancora come smaltire),
3) una serie di sorprese insignificanti (prova evidente che l'assioma pasquale "più l'uovo è grande, più la sorpresa è deludente" non è una sciocchezza).


Ci siamo vestite con gli abiti della festa (le bambine hanno riciclato i fiocchi delle uova), abbiamo atteso l'arrivo dell'adorato consorte - fuori per lavoro - e siamo andati tutti insieme alla Chiesa Maronita, popolata da facce sconosciute (visto che i parrocchiani, al contrario di noi, avevano già preso diligentemente parte alla lunghissima messa di mezzanotte).



Poi, pranzo pasquale in un ristorante poco pasquale, e breve giro per il centro, preso d'assalto dai turisti pasquali.


La mattina di Pasquetta, noi donne di casa (lasciandoci dietro, al solito, il lavoratore indefesso o "breadwinner" della famiglia) siamo partite , destinazione Sud-Sud, in un viaggio tranquillo, ormai di routine, che ci ha dato come unica ebbrezza quella dell'avvistamento in aeroporto di Noemi (soprannominata dalle mie bambine "quella di x-factor") da me riconosciuta, a decine di metri di distanza, grazie alla chioma arancione e all'andatura "elefantina".


Abbiamo trovato una città ancora abbandonata a se stessa (non se ne esce, accidenti, non se ne esce!), una casa accogliente, grande e ordinata (praticamente il contrario del nostro nido romano), dei nonni amorevoli, dei cugini allegri e chiassosi, un giardino (sapientemente curato da mia madre, con contributi strutturali significativi da parte di mio fratello) al massimo del suo fulgore e un clima che ha alternato giornate da depressione cosmica a momenti di gioia solare primaverile.
Il 25 aprile, fortunatamente, il tempo è stato così clemente e misericordioso da permetterci di trascorrere l'annuale incontro con i cugini e zii paterni all'aperto, alternando giochi a mangiate colossali.

Bandierina numero unoooooo!
Y la vida sigue igual...

Saturday, 8 February 2014

Serata cinemino

"Cara preparati, si va al cinema".
Questa frase, che in un qualsiasi altro focolare domestico potrebbe essere accolta con un entusiastico yuppeeee!, suscita in me una reazione ben diversa.
"A vedere che?" chiedo alzando un sopracciglio prevedendo scetticamente la risposta.
"Peppa Pig! Ho 4 ridotti".
Lontani sono i tempi in cui il mio adorato consorte mi portava a vedere le commedie romantiche e faceva seguire il film da una cena fuori. Un'era fa, praticamente. Due figlie fa, per la precisione.
Qualcosa è evidentemente cambiato, se ormai il cinema è un locale frequentato con frequenza quasi annuale e solo se la programmazione riguarda gli under 14.
Comunque si va. Lungi da me l'intenzione di privare la mia figlia treenne della visione in anteprima delle nuovissime puntate di Peppa. Per andarle a vedere attraversiamo tutta la città per infilarci in un multisala affollato di tre-quattrenni accompagnati da qualche sparuto e stravolto genitore, con l'aria di chi vorrebbe essere in qualsiasi altro posto che non sia lì, e cosa-ci-tocca-fare-per-questi-figli.
E' la solita Peppa con le sue solite storielle banali ma rassicuranti, con il solito fratellino George e il soliti papino e mammina Pig (il papino, se possibile, ancora più imbranato del solito, il che mi ha sempre fatto dubitare del fatto che questo cartone sia stato creato da un uomo e la mammina efficace ed efficiente come sono il 99% delle mamme, animali o umane che siano).
Le solite ingiustificate risate, i soliti amichetti animali (Suzie Pecora, Rebecca Coniglio, Pedro Pony), gli onnipresenti nonni, e infine il mio mito: la signorina Coniglio, la factotum, la wonder woman, la mille-talenti, la donna (?) che non deve chiedere mai.
La visione procede senza intoppi e con grande (per me ingiustificata) soddisfazione da parte della piccola di casa e - chi l'avrebbe mai detto!? - anche della figlia grande.
A parte un piccolo, prevedibilissimo crollo da parte del capofamiglia che ha iniziato a sonnecchiare a metà film.




Qualche giorno dopo, in attesa nella sala d'aspetto di uno studio medico, faccio una scoperta che mi cambierà la giornata.
La signorina Coniglio esiste e vive tra noi (ed è pure dottoressa!).

Monday, 3 February 2014

Uno di dodici

"Cosa cambierà nel 2014? Una beata min****", dice Cetto Laqualunque con la finezza che lo contraddistingue in uno dei messaggi che giravano sul web i primi giorni dell'anno.
Tristemente vero.
Puntualmente, attendiamo quel 1° dell'anno (di qualsiasi anno si tratti) come se il cambio di data possa essere il deus-ex-machina della nostra vita, quel fattore X, che -  inspiegabilmente ma provvidenzialmente - possa riuscire a farci cambiare. Perchè è quello che noi agogniamo continuamente: il cambiamento. O più precisamente: il cambiamento di ciò che non ci va.
Dunque, alla staffetta tra un anno e l'altro, ci riempiamo di buoni propositi e grandi speranze, che vengono puntualmente deluse. Anch'io formulo mentalmente la mia lista dei desideri e dei propositi che crolla miseramente nell'impatto con la realtà (spesso a causa non tanto del "destino avverso" ma della scarsa volontà della desiderante).
Per questo, al posto della solita lista di buoni propositi, questa volta ho messo le mani avanti e ho creato la mia lista dei fallimenti del 2014, cioè quella che potrebbe essere una lista di desideri leggittimi e realizzabili se solo fossi una persona diversa da quella che sono.
Tipo...
Perdere quei tre kili che mi separano dai 60 (chiedere di arrivare al peso che avevo a 20 anni sarebbe pretestuoso). Per quanto sia un obbiettivo piccolo, realizzabile, non riesco a smuovere la bilancia di un centesimo di millimetro (comincio a pensare che tutte le mie bilance si siano messe d'accordo per farmi andare fuori di testa).
Fare sport. Cercare di essere (più o meno) costantemente impegnata in una qualsiasi attività fisica. Risvegliare il bradipo che c'è in me. A questo scopo io e il mio adorato consorte qualche settimana fa ci siamo recati in un noto negozio sportivo per completare la nostra attrezzatura da running e iniziare una buona volta a correre sul serio. Attrezzatura che rimane, da allora, intonsa sul fondo dell'armadio e chissà se vedrà mai la luce...
Leggere almeno tre libri al mese. Bilancio dopo il primo mese del 2014: -3, cioè non sono neanche riuscita a finire i libri che avevo iniziato alla fine del 2013. Shame on me.
Viaggiare (e qui prevedo una serie di improperi, perché come si evince da questo blog non sono una che sta sempre nello stesso posto, solo mi piacerebbe visitare qualche altro continente oltre all'Europa (ma per fare quel tipo di viaggi si richiedono tempi più lunghi dei 3-4 gg di ordinanza dei nostri
viaggi, oltre a un budget più consistente).
E visto che di lista di sogni irrealizzabili si tratta, sparo in alto e aggiungo anche che vorrei riuscire a vivere con leggerezza, vorrei liberarmi dai sensi di colpi che mi affliggono da quando sono nata, cancellare le parole ansia, inadeguatezza e solitudine dal mio vocabolario, essere più estroversa, sorridere sempre.
Ma la mia lista non sarebbe completa se non aggiungessi anche vincere l'Oscar e il Nobel per la letteratura.

Insomma, alla fine del primo mese dell'anno mi rendo conto che Cetto è uno che la sa lunga. E se è vero che il buongiorno si vede dal mattino, questo 2014 ha davvero tutti i presupposti per essere la fotocopia dell'anno scorso. Del resto anche un'occhiata alle prime pagine dei giornali sembra confermare il solito squallore. Niente di nuovo sotto il cielo.
In realtà qualcosa di positivo c'è stato in questo principio d'anno, a livello personale. Poca roba, ma con l'aria che tira, è evidente che bisogna accontentarsi.
Ad esempio, ho lavorato a una traduzione che - udite udite - pare (si dice, si vocifera) mi sarà retribuita (ancora non ho visto un centesimo, ma crederci non costa nulla).
Per una settimana abbiamo goduto della compagnia dei miei cognati libanesi che, nonostante abbiano trovato un tempo-che-più-orrido-non-si-può, sono rimasti contenti di questo viaggio che gli ha permesso di approfondire la conoscenza di Roma. Tra l'altro, insieme siamo stati a villa Adriana a Tivoli che non avevo mai visitato, nonostante, ai tempi, avessi letteralmente adorato il libro della Yourcenar in cui ne se parla intensivamente.



E nelle cose positive ci infilo (seppur forzatamente) che sono anche riuscita a sopravvivere all'influenza (visto che all'inizio del mio piccolo calvario annuale non ne ero poi così sicura).
E via con il secondo mese dell'anno. Senza pretese, perchè tanto ormai si sa... è così... non ce n'è...

Monday, 4 November 2013

Compleanno più compleanno meno

Tre. Sono tre i compleanni della cosiddetta "settimana dei compleanni". Se consideriamo che i membri della famiglia sono 4 e che la settimana in questione cade giusto tra la fine di ottobre e l'inizio di novembre, si deduce: 1) che siamo reduci da una settimana di bagordi, 2) che vivo con tre, dico tre scorpioni in casa (solo per questo ritengo di meritare una menzione d'onore).
Può capitare che nella pletora di compleanni che hanno luogo nella nostra famiglia in questo periodo qualcuno si perda per strada. Può capitare che a rimetterci sia il capofamiglia, che, avendo il genetliaco a ridosso di quello della figlia più piccola e avendo un'età più matura, nella quale i festeggiamenti non hanno grande importanza, goda di un'attenzione più dimessa, contenuta. Ma di sicuro non è il caso della primogenita, che, seppur discretamente, ha chiuso ieri, in bellezza, questa settimana, che richiede un impegno festeggiativo (per quanto ci riguarda) persino superiore al periodo natalizio.
E' stata una giornata ricca. Non che abbiamo fatto grandi cose, per carità. E' finita l'epoca delle festicciole, dello sforzo organizzativo per trovare il luogo ordinare le pizze, fare la torta, mandare gli inviti. Ormai i compleanni si festeggiano con i compagni in classe, durante la ricreazione, con il beneplacito delle maestre e, sicuramente, anche delle mamme degli amichetti (che così non si sentono in dovere di fare il regalo). Ma anche senza festa extrascolastica il giorno è stato sufficientemente commemorato.
La festeggiata ha indossato uno dei suoi "vestiti per le occasioni speciali" e ha assunto pose da golden girl.

Siamo stati alla mostra della National Geographic Society, al Palazzo delle Esposizioni (una di quelle mostre che susciterebbero la curiosità e la voglia di esplorare anche nei soggetti più sedentari).





Siamo stati nel "ristorante" preferito della birthday girl.



Abbiamo passeggiato sull'Appia Antica, deliziosa al tramonto.



Abbiamo comprato su richiesta della festeggiata una tortina alle fragoline di bosco (nonostante le pressioni della mamma cioccofila). Abbiamo assolto il rito dello spegnimento della candelina, con relativo desiderio.

Anche questa è fatta. E questo nono meraviglioso anno si può dire concluso.