Wednesday, 3 February 2010

La donna che sbatteva nelle porte

Qualche giorno fa, durante una delle mie consuete visite in biblioteca, ho preso questo libro. L'ho fatto, diversamente dal solito, senza neanche leggere la quarta di copertina; tuttavia non ho esitato, perchè ho notato che era di Roddy Doyle (uno scrittore che volevo leggere da un bel po' di tempo) e perchè si trattava di un nuovo acquisto della biblioteca, quindi ero la prima persona a leggerlo.

Quindi ho iniziato la lettura senza conoscere assolutamente nulla di quello che stavo andando a leggere e già alle prime pagine sono stata presa da due sentimenti opposti: attrazione e repulsione al tempo stesso.
Sono stata catturata da questo romanzo a tal punto da sentire la necessità di finirlo in poco tempo, ma quello che ho letto mi è rimasto a lungo fisso nella mente, facendomi riflettere sulla singolare tendenza, che hanno tante donne, di farsi compulsivamente del male, quasi fossero possedute da un'innato istinto al masochismo.
Non tutte le donne, certo, ma tante di noi hanno spesso questo atteggiamento nei confronti della propria vita, e del loro rapporto con gli altri: la cosiddetta sindrome della crocerossina, di Madre Teresa, come se ce l'avessimo nel DNA questa tendenza all'automartirio e al vittimismo. La protagonista sopporta le più grandi atrocità perchè quasi pensa di non meritarsi di essere felice e coltiva l'illusione di essere amata, anche se nella realtà i segni di questo presunto amore sono inesistenti.
Colpisce molto il senso di passività della voce narrante, la sua immobilità di fronte ai problemi, e il senso di ineluttabilità che permea tutto il romanzo, per cui nascere in un'ambiente degradato deve sempre necessariamente portarti a una vita degradata, senza speranze. Man mano che che si prosegue nella lettura, e che ci si immerge nel flusso di coscienza della protagonista, si passa dall'empatia nei confronti del personaggio e della sua condizione, a un sentimento totalmente opposto, di disgusto e di malessere. Avresti voglia di scuoterla, questa donna, urlarle addosso e tirarla fuori da quello stato di apatia con il quale, lei, ancor prima di quelli che le stanno intorno, sta sistematicamente rovinando la propria vita. Così, la pena che hai nei suoi confronti si trasforma in rabbia e disappunto, perchè non riesci a capire come si possa rimanere in un tale circolo vizioso senza ribellarsi. Fino poi ad arrivare al finale catartico, risolutore, che mette fine a uno stillicidio senza pari.

Grandissima, questa prova di scrittura di Roddy Doyle, che è riuscito ad esprimere in modo perfetto sentimenti e stati d'animo prettamente femminili, come non mi aspettavo che un uomo sapesse fare. Anche se confesso che una visione un po' meno lugubre della società irlandese non mi sarebbe dispiaciuta.

Adesso per riprendermi dovò fare una cura di libri positivi.

5 comments:

  1. Tutti i libri di Doyle sono abbastanza controversi, questo a me non era piaciuto moltissimo, invece ho letto almeno 4 volte "Una stella di nome Henry" che tra tutti i suoi é secondo me il suo libro più bello..te lo consiglio!

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  2. Ciao, sono passata a trovarti e volevo lasciarti un saluto. A presto, Lucia

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  3. Ora mi hai fatto venire vogia di leggerlo!! Grazie :D

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  4. Allora fatti subito, se già non l'hai fatta, tutta la quadrilogia (ma si dirà?!) di Agnes Browne, di Brendan O'Carroll: da bersi tutta d'un fiato!
    Riguardo al tuo libro di Doyle, per ora passo... Non vorrei che mi desse troppi spunti.
    DaniVS

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