Saturday 2 April 2016

5 Paesi in 4 giorni

Ci sono casi in cui accadimenti apparentemente innocui come i lunghi viaggi in macchina possono costituire addirittura un pericolo per la stabilità della famiglia. Trascorrere un certo numero di giorni a stretto contatto può minare le dinamiche del nucleo familiare, soprattutto se i membri non sono soliti starsi addosso 24/24. 
Ma al contrario, ci sono casi in cui stare "tutti insieme appassionatamente" può essere anche utile per rinsaldare i legami e cogliere l'occasione per scoprirsi di più. Soprattutto se il viaggio che si decide di intraprendere è simile a quello che abbiamo fatto noi. E la famiglia che lo intraprende è la nostra.








Visto che i giorni a disposizione erano pochi (le vacanze scolastiche pasquali) e i prezzi degli aerei proibitivi, abbiamo optato per un viaggio on the road, uno di quei viaggi dalla destinazione incerta, quasi impensabili nell'epoca pre-internet. 
Siamo partiti in macchina in direzione nord senza prenotare nulla e senza obbiettivi se non quello di cercare di divertirci e scoprire nuovi luoghi. Il mio adorato consorte aveva, sì, preparato un programma di massima, ma quando siamo partiti non avevamo la benchè minima certezza di riuscire a realizzarlo nè totalmente nè parzialmente (anzi, eravamo preparati al fatto di dover fare dietro-front subito dopo esser arrivati al raccordo!).
Il timore principale rispetto a questa impresa consisteva nella resistenza alle lunghe permanenza in auto delle  bambine, che in altre occasioni si è rivelata quasi nulla, trasformandosi in mugugni e "quando arriviamo?", proferiti ad libitum già dai primi km. 
In questo caso (miracolosamente, direi) la soglia del malumore ha raggiunto il minimo storico nonostante i più di 2500 km macinati e il raffreddore onnipresente. Non che le fanciulle non si siano stancate, al contrario, ma le minacce di non ripetere l'esperienza in nessun'altra occasione e con nessun altro mezzo evidentemente sono servite a incrementare le dosi personali di pazienza e di resistenza.
La prima tappa del nostro viaggio all'avventura è stata Mantova. Grazie ai potenti mezzi in nostro possesso e a una buona dose di fortuna son riuscita a prenotare un appartamento delizioso ed economico appena due ore prima del nostro arrivo. Il tempo di posare i bagagli e rinfrescarsi dopo la tirata di 4 ore (fortunatamente senza traffico) e ci siamo diretti alla scoperta della città. Una di quelle città a misura d'uomo in cui trascorrere lunghi pomeriggi sonnacchiosi sulle panchine del lungofiume (o lungolago?) o a passeggiare nel centro storico a guardare le vetrine e camminare tra i palazzi storici. 
Non ci siamo lasciati sfuggire una visita al Palazzo Ducale. Camminare tra le sue sale, ammirare i suoi affreschi (tra cui quelli del Mantegna che ritraggono la famiglia Gonzaga, i Signori della città) e i suoi arazzi (finti o veri che fossero) fa fare un vero e proprio viaggio indietro nel tempo.. peccato solo che alcuni monumenti fossero ricoperti da impalcature e ancora ricoperti da orrendi graffiti che, considerato che Mantova è stata nominata capitale della cultura 2016, non ci si aspettava. 




Da Mantova, il mattino seguente ci siamo spostati a Verona. Nonostante fosse quasi totalmente invasa dai turisti (e pertanto per certi versi un tantino troppo "tourist-oriented", soprattutto per ciò che attiene alla storia di Romeo e Giulietta) si è mostrata piacevole e interessante, e ci ha dato un'ottima prima accoglienza nella persona di un veronese che, notando che stavamo parcheggiando l'auto in un posto a pagamento, ci ha consigliato di lasciarla un po' più avanti dove c'era un posto libero e gratuito. Per tutto il periodo della visita abbiamo avuto il sospetto che ci avesse rifilato una bella fregatura, ma non era così. Le persone gentili in modo disinteressato esistono ancora. Alleluyah!







Partiamo alla volta di Bolzano. Man mano che ci avviciniamo al confine d'Italia sperimentiamo un cambio di scenario. Le Alpi si affacciano con la loro bellezza austera e ci chiamano.


Per me Bolzano è stato un ritorno (ci ero già stata in visita con in miei da adolescente, più o menno quando Otzi era ancora in vita), ma è sempre piacevole tornare a visitarla. Dopo aver pranzato in una trattoria e aver girato per le strade del centro, siamo andati al museo archeologico per una visitina a Otzi, la simpatica mummia neolitica cui mi riferivo prima, che - unico membro della famiglia - avevo già avuto modo di conoscere, e che ho verificato essere ancora in ottima forma.



Da Bolzano a Innsbruck è un attimo (o quasi). Il Tirolo ci ha immersi nelle atmosfere del film "The sound of music" (rivisto di recente dalla nostra famiglia al completo e molto apprezzato). Per strada abbiamo persino visto un riferimento al musical, che poi ho scoperto essere in scena addirittura in una imponente fortezza austriaca (peccato per la barriera linguistica altrimenti ci avremmo fatto volentieri un pensierino).


Siamo arrivati in una cittadina umida e piovigginosa e visto che l'accoglienza meteorologica non era delle migliori, visto che qualcuno di noi ci era già stato (sempre la sottoscritta) e visto che cominciava a far buio (e anche a Innsbruck come tutte le città dei paesi transalpini oltre un certo orario la vita per le strade è pressoché inesistente) ci siamo fermati giusto un paio d'ore, giusto il tempo di passeggiare per le sue strade, visitare qualche chiesa protestante e al tettuccio d'oro, sua principale attrazione.


Sempre a Innsbruck abbiamo appreso con costernazione che era in programma un concerto di Al Bano e Romina. A stento ci siamo fatti una ragionedelfatto di non potervi prendere parte (sono certa che se si fosse trattato di Toto Cutugno il mio adorato consorte avrebbe prolungato il soggiorno anche di una settimana pur di non perderserlo!).


Da lì ci siamo messi in viaggio per l'albergo che avevamo prenotato mentre ci trovavamo a Bolzano: una pensione di Gasse, a una trentina di km di curve e neve. Siamo arrivati la sera tardi, col timore che il principio di nevicata che abbiamo incontrato per strada potesse diventare consistente a tal punto da bloccarci prima di giungere a destinazione, ma fortunatamente, dopo il pernottamento, abbiamo potuto goderci una "mezza giornata bianca" e riprendere il cammino senza problemi.







Lasciamo Gasse, il Tirolo, l'Austria con le sue distese di neve per spostarci in Germania, dove ci godiamo panorami mozzafiato e deliziose cittadine (come ad esempio Garmisch, che ci ammalia con le sue villette dalle facciate colorate e affrescate con antichi murales bavaresi).





Destinazione seguente: i castelli della Baviera, in particolare quello dal nome impronunciabile, Neuschwanstein, che ha ispirato Walt Disney per il modello del castello fiabesco della "Bella Addormentata nel Bosco". Ci siamo arrivati dopo una lunga arrampicata, ma ne è valsa decisamente la pena.






Dopo i castelli, la ricerca (più o meno disperata) di un posto in cui mangiare che non fossero panini, ci ha portati alla ridente località di Isny, dove, nonostante le barriere linguistiche, siamo riusciti a metter qualcosa sotto i denti. 



Da Isny (Germania), ci siamo poi rocambolescamente spostati su territorio austriaco, poi svizzero, e da lì siamo passati a Vaduz, che per chi non lo sapesse è la capitale del Liechtenstein. E qui lasciatemi soffermare un attimo su questo paese, la cui esistenza è giustificata puramente da ragioni fiscali e la cui visita di piacere è dettata unicamente dal fatto di aggiungere una nazione alla lista degli Stati mai visitati in vita nostra.




Unica attrazione di un certo spessore del paese: questa statua di Botero che si trova davanti a un museo che avremmo volentieri visitato se solo fosse aperto ma che sfortunatamente e inspiegabilmente chiudeva alle 17.



Nuova tappa: Zurigo, dove abbiamo soggiornato in un Ibis (ah, Accor, quelle nostalgie!).
Dopo una notte ristoratrice e l'apertura delle uova di Pasqua, ci siamo lanciati alla scoperta della città austera, ordinata, impeccabile come le città svizzere sanno essere. Ne abbiamo saggiato l'efficienza quando il mio adorato consorte, facendo inavvertitamente cadere il biglietto del parcheggio nel fiume Limmat, ha dovuto ricorrere all' tasto "Help. I lost the ticket" della cassa, dal cui altoparlante un impiegato dall'inglese fluentissimo ha spiegato cosa fare risolvendo il nostro problema in meno di due minuti.
Nonostante il clima uggioso e poco ospitale, Zurigo mi è piaciuta molto, con i sui scorci pittoreschi sul Limmat, le sue chiese spoglie e spartane (in perfetto stile zwingliano), le vetrine dei suoi negozietti di design. 



Ma ancor più di Zurigo, ho amato Lucerna, che è di tutti i luoghi che abbiamo visitato quello in cui più mi piacerebbe tornare, magari in estate.
Ho trovato questa città solare (in senso metaforico, ahimè non letterale) e accogliente, una versione ridotta di Zurigo ma se possibile, più ingentilita ed elegante, deliziosa con le sue passeggiate tra i vicoli e i ponti che attraversano il fiume Reuss (in particolare quello di legno, antichissimo, e quello del mulino, con le sue curiose tavole con le raffigurazioni della danza della morte), la Torre dell'Acqua, il suo panorama alpino, gli scorci del Lago dei quattro Cantoni, tutti i curiosi riferimenti (storici, architettonici) alla chiesa cattolica e in particolare ai gesuiti (che per molti secoli sono stati presenti nella città influenzandone la cultura). Una città incantevole, con l'unica pecca di appartenente a un cantone di lingua tedesca (che, si sarà capito, è una lingua che la famiglia Gingolotti non mastica affatto). 









Ultima tappa svizzera: Lugano, che dopo l'incanto di Lucerna mi è apparsa, al confronto, scialba e noiosa (non me ne vogliano i luganesi).



A Milano ci siamo trovati a cena con alcuni amici libanesi diretti anche loro in Svizzera. Dopo il pernottamento a Milano, forti di un'ottima e abbondante colazione, ci siamo incamminati in direzione sud, con l'idea di fermarci nella prima città in prossimità dell'autostrada in cui non piovesse. Il meteo ha voluto che fosse Bologna, città che avevo visto prima solo di sguincio, e che questa volta mi è apparsa stanca e trasandata, completamente diversa da come mi aspettavo che fosse, visto che, per una ragione che non so spiegare, nel mio immaginario questa era la città che univa l'efficienza e l'ordine del nord con la joie de vivre del sud. Invece non solo abbiamo trovato i celebri portici e la piazza maggiore fortemente trascurati e tristemente battuti da orde di turisti, ma abbiamo subìto la frustrazione di mangiare in un ristorante dal servizio lentissimo e il conto salato. Ma pur dopo una prima impressione non pienamente positiva, siamo aperti a concedere una seconda possibilità.




Dopo Bologna, abbiamo iniziato la nostra discesa verso casa, ritardata (fortunatamente solo in parte) da qualche coda di vacanzieri di ritorno.
Dopo quasi 4 giorni, circa 2500 km e 5 Paesi visitati siamo rientrati a casa stanchi ma soddisfatti dell'impresa.

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